Una splendida ma poco conosciuta ferrovia di montagna, che dalla capitale italiana dell’acciaio conduce al cuore dell’Abruzzo lungo la dorsale appenninica centrale: ecco la Terni – Rieti – L’Aquila.
Sono le sette del mattino di un freddo sabato di febbraio, e l’alba di Terni pone fine alla nostra notte insonne trascorsa dapprima sull’Intercity da Milano, e poi stravaccati sul pavimento della stazione di Orte in attesa della tanto agognata coincidenza. Ma ce l’abbiamo fatta, e val la pena consolarci con un cappuccino e una visita del centro storico prima di affrontare la scalata sulla “ferrovia del Centro Italia”, la linea Terni – Rieti – L’Aquila, che in 103 km conduce al capoluogo abruzzese superando un dislivello di oltre 800 metri per valicare l’Appennino Centrale.
Nonostante l’importanza prettamente industriale, il centro di Terni conserva alcuni siti d’interesse storico come l’Anfiteatro Romano, risalente al 30 d.C., e il Duomo barocco. La città è semideserta di buon mattino, alcuni studenti raggiungono scuola, mentre noi torniamo in stazione per salire sulla borbottante automotrice diesel ALn 776 FIAT che ci porterà all’Aquila. I finestrini apribili, complice lo scarso (scarsissimo) numero di viaggiatori, preludono ad un viaggio con la testa fuori a respirare aria di montagna mista al puzzo di nafta combusta.
Risalendo il Velino
Si parte. Subito oltre Terni la ferrovia – a binario unico – inizia ad assumere un dolce andamento collinare. Subito giungiamo alla prima stazione: Marmore. Da qui si può raggiungere il belvedere superiore delle cascate più alte d’Italia. Si aprono pittoreschi scorci sul paesaggio agreste, con qualche chiazza di neve qua e là. Ma è solo dopo Rieti che inizia il tratto più panoramico, con il binario che inizia a prendere quota rapidamente lungo la stretta (e poco illuminata) valle del fiume Velino, aggredendo il fianco della montagna con continui tornanti e gallerie. Le stazioncine sono assai distanti dai rispettivi paesi, nascosti nella grigia vegetazione invernale, ciononostante qualche passeggero ancora sale e scende alle varie fermate. Non mancano le soste per incrocio in cui il capotreno scende sul marciapiede a girare la RAR, il comando di consenso per l’ingresso del treno incrociante: un piccolo gesto di ferrovia “a misura d’uomo”.
Presto si raggiunge la stazione di Antrodoco, a 473 m.s.l.m., sulla quale incombe quasi minaccioso il Monte Giano con la sua celebre scritta DVX, “duce”, realizzata con alberi sempreverdi nel 1939, che conferisce un tocco inquietante alla veduta d’insieme. Il treno sale ora repentinamente con l’ausilio di alcuni viadotti e gallerie, tanto che in pochi minuti ci è possibile osservare dall’alto il centro di Antrodoco da cui eravamo transitati solo poc’anzi; proprio qui si dimostra la grandezza dell’ingegneria ferroviaria nostrana, che già un secolo fa domava montagne e vallate per portare il treno nell’entroterra del Centro Italia.
La linea raggiunge il culmine presso il valico di Sella di Corno, a ben 989 m.s.l.m.; il paesaggio si apre ora in un vasto altipiano che il binario attraversa serpeggiando, per poi iniziare una ripida discesa con vista spettacolare sul Gran Sasso d’Italia, imbiancato di neve. Ai suoi piedi sorge L’Aquila.
L’Aquila, città dei contrasti
Scesi dal treno ci accoglie la Fontana delle 99 cannelle, risalente al XIII secolo e ulteriormente arricchita nelle epoche successive, simbolo – secondo la leggenda – dei 99 castelli uniti in un unico comune. Ma il centro della città si trova in cima all’altura, e per raggiungerlo camminiamo lungo le ripide vie che tutt’ora recano i segni evidenti del terremoto del 2009. Ogni crepa, ogni squarcio nei muri degli edifici è una ferita cristallizzata nel tempo, che in alcuni isolati sembra proprio essersi fermato; ma il silenzio dei viottoli quasi contrasta con la vitalità della centralissima Piazza del Duomo, in cui la ricostruzione ha conferito un volto luminoso al centro storico.
Una piadina all’aperto, sotto il tiepido sole invernale, e ci dirigiamo verso la splendida Basilica di Collemaggio, con la sua facciata cinquecentesca a motivi geometrici in pietra bianca e rosa. L’interno, in stile gotico, è in realtà il risultato di un restauro degli anni Settanta che ha completamente rimosso abbellimenti e aggiunte barocche, mettendo a nudo lo scheletro originario del XIII secolo. La Basilica, gravemente danneggiata dal sisma, è stata oggetto di un accurato restauro e ospita le spoglie del papa Celestino V che ne ordinò la costruzione.
Ma è giunta ormai l’ora di lasciare il capoluogo: dopo la dorsale Terni – Rieti – L’Aquila ci aspetta adesso un altro treno per Sulmona, porta d’accesso alla Maiella. Ma questo è un altro capitolo!
Informazioni utili
Ferrovia Terni – Rieti – L’Aquila
Tratta: Terni – Rieti – l’Aquila (Umbria, Lazio, Abruzzo)
Durata del viaggio: 2h in ciascuna direzione.
Periodo di servizio: tutto l’anno.
Vettore e tipo di treno: treno regionale di Trenitalia (FS).
Tariffe (Terni-L’Aquila):
- € 8.30 corsa singola, € 16.60 andata/ritorno
- E’ valida la promozione Italia in Tour di Trenitalia.
Info e biglietti: canali ufficiali Trenitalia, trenitalia.com, app, biglietterie ed emettitrici automatiche. Nessuna prenotazione richiesta.
Trasporto biciclette: generalmente consentito con supplemento. Controllare l’orario ufficiale e le condizioni di trasporto.
Accessibilità PRM: i treni di questa linea non sono generalmente accessibili a PRM, si consiglia comunque di consultare l’orario ufficiale.
Cosa vedere: centro storico di Terni, Cascata delle Marmore, Monte Giano, centro storico dell’Aquila.
Per leggere la seconda parte del nostro viaggio sull’ appennino Abruzzese clicca qui:
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3 risposte su “Terni – Rieti – L’Aquila: ai piedi del Gran Sasso”
Interessante!
Buongiorno, siamo contenti che abbia apprezzato l’articolo, spero le sia stato d’ispirazione per dei suoi futuri viaggi in treno.
Bell’articolo